Il territorio
Il territorio di Perdasdefogu è molto interessante dal punto di vista botanico e geologico; l'area è ricca di lecci, olivi secolari, ginepri, ontani e nelle sue campagne , estese dai 450 ai 780 metri sul livello del mare, si trovano tutte le principali specie di flora e fauna della Sardegna.
Tutto da scoprire è il Parco Naturale di Bruncu Santoru con il suo massiccio giacimento di porfido, le piante d'alto fusto, le spettacolari frane di "Perdosu" e le singolari diaclasi "Is breccas" di "Is Tapparas" da percorrere per tutta la lunghezza.
A circa un chilometro dal paese si trova il bosco di Santa Barbara, attrezzato con tavoli per il pic-nic e parchi gioco per bambini, dove è piacevole fare lunghe passeggiate all'ombra dei lecci.
Il territorio foghesino è ricco di testimonianze che attestano la continuità della presenza umana per un periodo che va dalla Preistoria sino all'età romana e bizantina. Le campagne di Perdasdefogu sono ricche di monumenti: domus de janas (Orruinas e Baccu Olia), nuraghi semplici (San Pietro, Florentina) e complessi (Su Perduxeddu, S'Orku Tueri), tombe di giganti (S'Abba 'e ferru, S'e Filissiu) e templi a pozzo (Is Cramoris, Giuanni Puddu). Merita una visita il nuraghe s'Orku Tueri, che si erge maestoso e solitario sopra uno sperone roccioso dal quale si domina la vallata di Tremini con il suo inconfondibile "tacco". Nella parete rocciosa al di sotto del nuraghe si apre una grotta molto particolare dove, intorno agli anni '60, furono ritrovati una trentina di scheletri risalenti all'età nuragica, probabilmente gli antichi abitanti del sito.
Intorno agli anni '20 e '30 del Novecento, fu scoperto un tesoro di 764 monete puniche in parte coniate a Cartagine e in Sicilia, in parte nelle città puniche della Sardegna, datate al III-II secolo a.C. Il medico condotto Dott. Enrico Toselli le consegnò al Regio Museo Archeologico di Cagliari, che le affidò alla Soprintendenza per le Antichità della Sardegna
La chiesa di san Sebastiano è un gioiello di impianto preromanico a tre navate; viene collocata da vari studiosi di Storia dell'Arte tra l'850 e l'anno 1000. Parzialmete restaurata, conserva tutta la suggestione delle antiche chiese della Sardegna, ma richiama soprattutto l'architettura religiosa di alcune chiese catalane. Interamente affrescata, nelle tre nicchie dell'altare nella navata maggiore, sono ancora visibili vari disegni color ocra, retaggi bizantini come l'albero della vita e le foglie di melograno. Sorge nella parte alta del paese, nel rione più antico che ne prende il nome (Santu Serbestianu), custodita e protetta dagli abitanti.